martedì 14 maggio 2013

Pricing in tempi di crisi


Parlare di prezzi in tempo di crisi non è un tabù. Per salvaguardare gli utili, è lì che si deve agire: basta recuperare l’1% sui prezzi per aumentare i profitti, in media, dell’11%. I prezzi, insomma, influenzano i profitti molto più dei tagli o dell’aumento dei volumi.
In una tale situazione di generale incertezza e di diffusa sfiducia nei confronti dei mercati è quindi noto come si ricerchino strategie per incrementare la propensione al consumo e rilanciare gli investimenti. Nel contempo, molte aziende sono alle prese con l‘aumento delle tariffe delle materie prime che rende incerta la loro marginalità.
In che modo agire dunque? Se abbasso i prezzi venderò di più, ma mi conviene? Il cliente sceglie sempre in base al prezzo? Esiste un prezzo “giusto”? Chi si deve occupare dei prezzi in azienda? Se cambio i miei prezzi cosa faranno i concorrenti?

sabato 4 maggio 2013

Sei certo di gestire bene le relazioni con i tuoi clienti?

Vi siete mai fermati a riflettere quanta importanza effettivamente date ai vostri clienti? Sembra questa una domanda banale e invece la risposta a questa domanda può essere la chiave di lettura con la quale rivalutare e riorganizzare la propria attività.
Accade spesso infatti che la voglia di partire con una nuova iniziativa imprenditoriale o l'avere ormai un'azienda consolidata sul mercato faccia perdere il focus sulla persona che assume il ruolo più importante per ogni azienda: IL CLIENTE.
La storia già ce lo insegna, siamo passati da un tessuto industriale che tendeva a omologare sfruttando al massimo le logiche tipiche delle economie di scala, alla personalizzazione di massa dove la raccolta di informazioni sul cliente diventa la condizione indispensabile per soddisfarne i bisogni e le aspettative.
Ecco quindi che curare la relazione con il cliente, saperne intercettare i bisogni, le necessità, saperlo ascoltare è un'attività dalla quale non si può prescindere.

giovedì 25 aprile 2013

Reti di imprese. Collaborare per allontanare la crisi.

I numeri dicono che lo strumento funziona e, sulla carta, anche le principali forze politiche sono pronte a sostenerne lo sviluppo. Il contratto di rete, istituito con la legge 33 del 2009, si conferma per le imprese una chance preziosa per valorizzare sinergie con cui rispondere alla crisi: l'ultimo bilancio di Unioncamere, effettuato su dati Infocamere, calcola che a fine 2012 siano 647 quelli attivati in Italia per un totale di 3.360 soggetti coinvolti.

In un precedente articolo abbiamo accennato alla grande possibilità offerta dal Contratto di Rete alle PMI italiane per permettere loro di competere nel mercato internazionale, ebbene il prossimo passo per le reti formatesi sarà proprio quello di dare un respiro internazionale ai contratti, facendone dunque un'arma per favorire la crescita all'estero di aziende che da sole resterebbero confinate nel mercato domestico.

I contratti di rete sono da tempo nell'agenda di Confindustria e il tema dell'aggregazione, seppure con pochi dettagli sui possibili interventi, è presente nella piattaforma programmatica dei principali schieramenti politici. Lo strumento può contare in sostanza su un apprezzamento trasversale e potrebbe essere al centro delle scelte di politica industriale del prossimo governo. 

Tornando al bilancio Unioncamere, la fetta più ampia è rappresentata da contratti che coinvolgono tra quattro e nove imprese (310). Sono invece 175 i contratti con tre soggetti, 92 quelli che ne contano due. Al momento è attivo solo un contratto con oltre 50 imprese. 

Fino ad ora i numeri del fenomeno, ma, come si forma e come si gestisce una rete di imprese? Per spiegarlo nel migliore dei modi, ricorriamo a un esempio concreto esposto da Stefano Benetti di ASSORETIPMI (Comitato per l’Internazionalizzazioni Reti):

domenica 21 aprile 2013

Crescere attraverso la formazione? Possibile e gratuito!

Gli adulti 25-64enni in istruzione o formazione sono passati in Italia dal 6,2% del 2010 al 5,7% del 2011, una percentuale ben distante dall'obiettivo europeo del 12%. A fronte di una media comunitaria dell'8,9%, il confronto con i partner europei è particolarmente critico per il nostro paese soprattutto rispetto alle realtà del Nord Europa.” E' quanto emerge dal XIII Rapporto sulla formazione continua 2011-2012, realizzato dall'Isfol per conto del ministero del Lavoro, che sottolinea come “il trend rispecchia l'andamento della congiuntura economica: dopo una crescita costante nel 2004-08 la tendenza si è invertita dal 2008, avviando una fase di calo che perdura tuttora.

sabato 6 aprile 2013

Internazionalizzazione. Parola d'ordine per le PMI Italiane per uscire dalla crisi.

Le previsioni contenute nel Rapporto Unioncamere tracciano un quadro pessimistico della situazione economica italiana: come al solito quest’anno il Pil calerà i posti di lavoro diminuiranno come d'altronde caleranno anche i consumi delle famiglie.

L’internazionalizzazione e l’export diventano quindi da opportunità un vero e proprio “must” per le imprese che intendono tornare o continuare a crescere.
Le ragioni che storicamente hanno spinto numerose imprese italiane a percorrere le due strade dell’export e della delocalizzazione sono l’abbattimento dei costi e la penetrazione di nuovi mercati.

domenica 24 marzo 2013

Si può imparare a prendere decisioni?


"...un recente sondaggio di ICF Italia che ha interrogato un vasto campione di "decisiori" di varie dimensioni sui processi decisionali, sui metodi e sulle relazioni che intercorrono dentro ai microcosmi aziendali nei momenti cruciali. Cosa serve dunque ad un'azienda per prendere decisioni efficaci? Per il 56% degli intervistati avere una visione è la cosa più importante; per il 42% serve soprattutto coinvolgere le persone; per il 41% occorre essere aperti al cambiamento, per il 34% servono competenze. Hard skills. L'impatto della crisi spinge a muoversi soprattutto in un contesto di breve periodo (secondo il 45% del campione) e sforzarsi di più per valutare le prospettive future (secondo il 39% del campione).

lunedì 18 marzo 2013

Un utile strumento di pianificazione per le imprese italiane? La Balanced Scorecard


La buona notizia? Da una ricerca svolta dall'Università Cattaneo-Liuc, coordinata da Massimo Solbiati e finanziata da Outlooksoft SpA si è potuto constatare che un quarto delle imprese italiane che hanno partecipato alla ricerca ha adottato o si sta avvicinando all'utilizzo della Balanced Scorecard (BSC), uno strumento in grado di creare quel legame critico spesso mancante tra strategia aziendale e gestione operativa.

Si raggiunge, quindi, complessivamente un 27%. Può apparire come una percentuale non elevata rispetto a quella di altri Paesi e alla rilevanza che lo strumento ha nell'aiutare a tradurre la strategia in azioni di gestione operativa, fornendo input strategici al budget.

mercoledì 13 marzo 2013

Creare valore attraverso la leadership

Come si individuano e si sviluppano i talenti? E' questa una domanda su cui bisogna forse iniziare a porre l'attenzione perché, in un periodo nel quale vediamo aumentare in maniera considerevole la disoccupazione, si scopre come in effetti l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro molto spesso rappresenta un grosso problema anche per le aziende
Sia ben chiaro, non si vuole in questa sede sminuire il problema della disoccupazione, tuttavia può essere interessante riflette su alcuni aspetti organizzativi che evidenziano come anche le aziende (magari poche) che non subiscono particolarmente la crisi e si trovano in condizione di dover/poter assumere nuove risorse, devono spesso confrontarsi con un'offerta distante dalle loro esigenze. Nella flotta di laureati di tutte le discipline e con competenze più o meno alte si nota infatti che le competenze sulle quali spesso si lavora poco sono quelle trasversali, quelle soft, solitamente sottovalutate e non considerate ma che fanno la differenza. Le aziende ormai non cercano persone che sappiano già svolgere al 100% il proprio lavoro, anche perché solitamente preferiscono formare al proprio interno le persone fornendo loro le competenze tecniche indispensabili allo svolgimento delle attività quotidiane. Ciò che invece le aziende cercano, e spesso non trovano, sono persone dinamiche, con spiccate capacita relazionali e con doti di leadership capaci di non fermarsi alle prime difficoltà bensì di portare soluzioni innovative all'interno dell'organizzazione

sabato 9 marzo 2013

Ottenere informazioni strategicamente interessanti. Come? - Terza parte

Riprendiamo la trattazione dell'argomento "ricerche di mercato" con la terza e ultima parte dell'articolo nella quale cerchiamo di stabilire la corretta sequenza delle azioni da implementare per improntare una buona ricerca che comporta la realizzazione di cinque fasi:
  1. Definizione del problema e degli obiettivi della ricerca: il management deve evitare di assumere una definizione troppo ampia o troppo ristretta. Se il dirigente dice al ricercatore: “scopri tutto quello che puoi sul tale problema” egli otterrà molte informazioni non necessarie e potrebbe non ottenere quella di cui ha bisogno. Un problema ben definito è già risolto per metà;
  2. Individuazione delle fonti di informazione. Elenchi di imprese e bilanci delle società di capitali (a pagamento), Dati di bilancio delle maggiori imprese italiane (Mediobanca), Analisi su dati di bilancio (STARNET, il portale degli uffici studi e statistica della Camere di Commercio italiane - aree tematiche bilanci e Padova – bilanci società di capitali), Studi di settore (Ministero delle Finanze), Distributori ufficiali dei dati Infocamere, Ricerca imprese italiane su internet Infoimprese, Informazioni Istat su andamento industria e servizi;
  3. Raccolta delle informazioni. I dati possono essere raccolti mediante quattro modalità:

martedì 5 marzo 2013

Ottenere informazioni strategicamente interessanti. Come? - Seconda parte


Dopo l’articolo introduttivo sul “mondo” delle ricerche di mercato, vogliamo stavolta scendere nel tecnico e analizzare il modo corretto per eseguire una ricerca. Vista la vastità dell’argomento abbiamo preferito dividere la “trattazione tecnica” in 2 parti.

Spesso le imprese, oltre alla raccolta delle informazioni dal loro sistema interno, necessitano di studi focalizzati su problemi e/o opportunità specifiche quali un sondaggio di mercato, una prova di prodotto, una previsione delle vendite in una determinata area, o di uno studio sull'efficacia di una campagna pubblicitaria.

Di norma i dirigenti non hanno la capacità né il tempo necessari per ottenere queste informazioni, perciò commissionano apposite ricerche di marketing.

Nell'articolo proveremo dunque ad approfondire l’argomento vedendo operativamente come effettuare una corretta Ricerca di mercato.

1. Dove reperire le informazioni? I fornitori di ricerche.

Una piccola e media impresa può avvalersi di un consulente o di un istituto specializzato, al quale affidare l’incarico di progettare ed eseguire una ricerca su un tema di interesse.
Le aziende maggiori in genere hanno un proprio servizio di ricerche che può essere costituito da uno fino ad alcune decine di ricercatori. Lo staff è costituito da tecnici di ricerca, statistici ed esperti di scienze del comportamento.
Gli istituti di ricerche di marketing esterni presenti sul mercato possono essere raggruppati essenzialmente in tre categorie:

martedì 26 febbraio 2013

Ottenere informazioni strategicamente interessanti. Come? - Prima parte


Abbiamo deciso anche per questo argomento di fare un articolo diviso in due parti al fine di poter analizzare nel dettaglio l'argomento, affiancando ad una parte tendenzialmente teorico-riflessiva una parte più pratica e tecnica.

Infatti, uno degli aspetti più complessi da gestire per chi lavora in azienda, sia esso il fondatore di una start up o il Ceo di una grande azienda da anni presente sul mercato, è quello di conoscere ed acquisire informazioni rilevanti sull'ambiente interno ed esterno. Tuttavia, se le informazioni interne ad una azienda sono (potrebbero essere) facili da ottenere (e ciò non vuol dire che sia un'attività semplice!) rispetto all'ambiente esterno molto spesso è difficile reperire le informazioni che consentono di abbassare il rischio di ogni decisione strategica. Ecco quindi che ogni azienda, in relazione alla sua grandezza, è solitamente portata ad investire nelle ricerche di mercato con l'obiettivo di ottenere le informazioni che cerca.
Tuttavia sulle ricerche di mercato si aprono ampi spazi di interpretazione e di modalità di conduzione, spesso centrate su una visione miope del contesto sociale e che quindi non sempre porta ad avere dati significativi.

mercoledì 20 febbraio 2013

Una breve riflessione sulla usability

E' incredibile come, a volte, non ci si renda conto di quante risorse si possano sprecare o di quanti guadagni vengano meno a causa di una gestione miope di alcune dinamiche aziendali.
Spesso si tende a sottovalutare il ruolo di alcuni strumenti tecnologici che, per un'azienda che li gestisce quotidianamente sono chiari e facili da usare, ma che non sempre fuori dall'azienda ottengono la stessa percezione. Vi siete mai chiesti quindi quanto sia facile da usare il vostro sito, un vostro gestionale, un software, o qualsiasi altro vostro strumento IT? Probabilmente no, o non abbastanza da indurvi un reale cambio di atteggiamento verso la tecnologia e, peggio ancora, verso i vostri clienti. Il filmato che segue racconta in maniera semplice ed efficace quante opportunità si possono facilmente sprecare e quanto un investimento anche importante possa essere, a volte, recuperato in tempi brevi.

domenica 17 febbraio 2013

La riorganizzazione aziendale secondo l'approccio "Lean Thinking" (Seconda parte)

Vi propongo oggi la seconda parte dell'articolo sulla metodologia "Lean Thinking" utile a tagliare gli sprechi in azienda e ad ottimizzare le varie fasi del processo produttivo.

In questa seconda parte, come accennato nell'articolo precedente saranno analizzate puntualmente le varie fasi che compongono l'approccio progettuale da me generalmente utilizzato. Di seguito si riporta la figura che schematizza le fasi dell'approccio e la loro analisi approfondita:


FASE 1 - ANALISI PRELIMINARE E MICROPROGETTAZIONE

sabato 9 febbraio 2013

La riorganizzazione aziendale secondo l'approccio "Lean Thinking" (Prima parte)

Nel corso della mia carriera mi sono ritrovato più volte a far parte come consulente esterno di programmi di riorganizzazione sia a livello aziendale che di business unit. Nel presente articolo mi piacerebbe condividere l'approccio utilizzato per la riorganizzazione di una business unit attraverso l'adozione dell'approccio "Lean Thinking", provando a generalizzare i contenuti per renderlo fruibile a tutti e nel maggior numero di circostanze possibili.

Prima di entrare nel vivo della parte pratica (anticipo che l'articolo si comporrà di 2 parti), voglio spendere due parole per spiegare in cosa consiste l'approccio utilizzato.

L'approccio Lean Thinking racchiude un insieme di tecniche e metodologie di organizzazione dei processi produttivi il cui obiettivo è quello di massimizzare il valore per i clienti interni ed esterni, fornendo quello che vogliono, quando, come e dove lo vogliono, minimizzando al contempo i costi e le inefficienze.
L'approccio è stato sviluppato a partire dall'esperienza Toyota, e si è dimostrato particolarmente efficace per l'organizzazione del lavoro anche in ambito di Service Management.

Gli interventi basati sul Lean Thinking prevedono:

mercoledì 6 febbraio 2013

Vuoi tenerti il cliente? Rendigli la vita semplice!

Prendo spunto da un recente articolo di Patrick Spenner e Karen Freeman (Direttori Generali del Corporate Executive Board) per introdurre un argomento molto attuale: qual è il modo corretto per creare una loyalty a prova di bomba verso la propria azienda/prodotto/servizio?

Chi si occupa di marketing, considera i consumatori di oggi come delle persone particolarmente esperte nel setacciare i dati e nel padroneggiare le dinamiche della rete con dispositivi mobili, pronti a precipitarsi al volo su qualunque brand o negozio proponga l'affare migliore. Il ragionamento che sta dietro quest'idea è che la fedeltà al marchio sta scomparendo. In risposta a questo fenomeno le aziende hanno reso più evoluti i loro messaggi, ritenendo che quanta più interazione e informazione offriranno, tanto più alte saranno le probabilità di conservare questi clienti sempre più distratti e "infedeli". Peccato che per molti consumatori il volume crescente dei messaggi di marketing non sia qualcosa che li aiuta, ma che li travolge. Invece di attrarli, gli esperti di marketing li stanno allontanando con i loro instancabili e mal concepiti tentativi di coinvolgimento.

sabato 2 febbraio 2013

Sei convinto di lavorare bene? Mettiti alla prova...del cliente!

"Il divario tra clienti soddisfatti e clienti insoddisfatti può far fallire un'azienda" (Harvard Business Review). È questa una breve ma assolutamente vera definizione che ogni manager o imprenditore dovrebbe sempre avere bene in mente.
Fare impresa oggi vuol dire certamente avere la capacità di soddisfare un bisogno (esplicito o latente) di un consumatore, ma probabilmente questa è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere successo. Molto spesso infatti accade di vedere imprese nascere, arrivare anche ad importanti risultati in termini di fatturato, utili, ecc. e poi? All'improvviso la crisi; non quella frutto del mercato, della diminuzione dei consumi, ecc. bensì quella dovuta ad aver incontrato il cliente e ad averlo abbandonato proprio nel momento in cui si fidava di te!

Ecco quindi che sarebbe opportuno che ogni imprenditore si ponesse qualche domanda sulla propria attività, come ad esempio:

- il mio prodotto/servizio va incontro ai bisogni dei clienti?
- il  mio  prodotto/servizio  produce  valore  per  i clienti?
- la cura del cliente avviene in tutte le fasi della relazione con lo stesso (pre-vendita, post-vendita, assistenza, informazioni, ecc.) oppure il cliente è abbandonato a se stesso subito dopo che ha fatto l'acquisto?
- ciò che offro alla clientela è il massimo o posso fare qualcosa in più?
Si potrebbe continuare ancora a lungo con queste domande e probabilmente ad alcune di esse, un imprenditore che abbia piena conoscenza della propria attività saprà rispondere anche in autonomia, tuttavia non è sufficiente; è il caso di aprire la porta ai clienti e chiedere loro un parere, un feedback, un'opinione che possa dimostrare quanto siamo bravi o quanto dobbiamo ancora imparare a fare (prima che sia troppo tardi!).

lunedì 28 gennaio 2013

Come ottenere un vantaggio competitivo scegliendo i corretti indicatori di performance

Riprendo oggi un articolo di Michael J. Mauboussin (responsabile delle strategie di investimento alla Legg Mason Capital Management e professore aggiunto di Finanza alla Columbia Business School) pubblicato su "Harvard Business Review" in cui è trattato l'argomento quantomai attuale della scelta degli indicatori che permettono una reale mappatura delle performance aziendali.

La scelta delle statistiche più significative ai fini di una corretta analisi delle performance aziendali è fondamentale per orientare le scelte strategiche e comprendere in quale direzione l'azienda si sta dirigendo, oltre che per l'acquisizione di un vantaggio competitivo sul mercato.

Tra le statistiche che le aziende usano più di frequente per monitorare e comunicare la loro perfomance, ci sono parametri finanziari come la crescita delle vendite e l'incremento degli utili per azione e parametri non finanziari come la fedeltà della clientela e la qualità del prodotto. Ma la correlazione tra questi parametri e l'obiettivo di creare valore per gli azionisti è alquanto labile.

Le statistiche utili hanno essenzialmente 2 qualità, cioè sono:

  • Persistenti, nel senso che il risultato di un'azione in un dato momento sarà simile al risultato della stessa azione in un momento successivo;
  • Predittive, nel senso che dimostrano l'esistenza di una relazione di causa/effetto tra l'azione e il risultato misurato.

martedì 22 gennaio 2013

I Migliori CEO del Mondo

I numeri non contano! Ci sono tante variabili che influenzano l'operato di una persona in un certo periodo! Si forse, magari i numeri non contano ma ci danno delle indicazioni. Ci raccontano che a prescindere dal contesto, si sono ottenuti dei risultati (positivi o negativi) in un determinato periodo di tempo nello svolgere un'attività.
Quindi se parliamo di un allenatore che accumula vittorie, l'indicazione sarà di una persona vincente, al contrario dopo poche partite perse l'allenatore conoscerà l'emozione di un inevitabile esonero.
E in azienda? Possiamo probabilmente dire che i numeri contano anche più che nello sport (sempre nell'ipotesi che fare sport non voglia dire fare business...).
Pensiamo ai CEO delle grandi aziende; come si valuta il loro lavoro e le loro scelte? Semplice; in base al loro operato e ai benefici apportati all'azienda.
Tradotto:
operato = cambiamento complessivo per tutti gli shareholder + l'aumento di capitalizzazione complessivo dell'azienda durante l'incarico =  incremento di valore di mercato medio dell'azienda.

sabato 19 gennaio 2013

Strategia d'impresa: la via verso la realizzazione di un sogno


Oggi più che mai vediamo nascere numerose nuove aziende. Gli incentivi e le semplificazioni statali spingono alla creazione di nuove start up e promuovono l'imprenditoria sopratutto dei giovani che impossibilitati a trovare lavoro presso altre aziende, decidono di crearselo da soli.
Tuttavia bisogna fare molta attenzione, perché fare impresa non vuol dire soltanto avere la possibilità di creare una srl semplificata con bassi costi. Fare impresa è ben altro. Fare impresa vuol dire avere un sogno e dargli vita.
Ogni persona, immagino, porta dentro di se un sogno. Quel sogno che tiene chiuso nel cassetto, che non rivela a nessuno ma per il quale ogni giorno lavora duramente affinché si trasformi in realtà. È quel sogno che da senso a tutte le attività che svolge quotidianamente. E anche se a volte commette degli errori che sembrano allontanarla dalla meta, va avanti certa di arrivarci prima o poi.
Fare impresa è esattamente questo. Dirigere un'azienda vuol dire lavorare ogni giorno per il raggiungimento di quel sogno, di quella vision.
Troppo spesso molti giovani imprenditori rimangono vittime dei loro prodotti, concentrati come sono sulla loro ricerca, sulla loro invenzione o sulla loro offerta. Eppure quando si decide di mettersi in gioco bisogna andare oltre il prodotto, oltre le proprie necessità. Il fine ultimo non può essere qualcosa di materiale (quello sarà il mezzo!) bensì deve essere quella vision che fa guardare oltre l'orizzonte verso una meta che ha un valore per me perché ne ha anche per qualcun altro.
Fare pianificazione strategica d'impresa vuol dire partire dalla propria vision e da lì costruire tutta la struttura aziendale. Da lì costruire il proprio sogno.
Mi viene da pensare all'ex presidente di Sony, AkioMorita, la cui vision era che "chiunque potesse avere un sistema audio personale". Fu in quel momento che Sony inventò il Walkman e il lettore portatile CD. Il sogno era qualcosa di importante per lui ma lo era anche per molti altri.

martedì 15 gennaio 2013

Per Oracle "La Customer Service non basta più"


Volete incrementare il fatturato della vostra azienda? Fate in modo di migliorare l'esperienza d'acquisto dei vostri clienti.

Questo è quanto emerge da uno studio europeo commissionato da Oracle, che coinvolge chi acquista online, lo studio spiega dunque perché il servizio al cliente deve fare ancora dei passi avanti.

Lo studio è stato realizzato nel giugno 2012 dalla società di ricerche indipendente Loudhouse e ha coinvolto 1.400 consumatori che hanno fatto acquisti online (50% donne, 50% uomini) e che sono entrati in contatto con un dipartimento di customer service nei 12 mesi precedenti.

I risultati dello studio sono molto chiari, al punto che, l'81% dei consumatori sarebbero disposti a pagare di più pur di vivere un’esperienza di acquisto qualitativamente migliore (in Italia siamo addirittura all'89%) e circa la metà (il 44%, che scende al 32% in Italia) si è detta pronta a pagare un sovrapprezzo di oltre il 5%. 

sabato 12 gennaio 2013

La gestione della crisi

Nell'ultimo periodo si sente spesso parlare di accadimenti che hanno dell'incredibile e che producono alle aziende gravi danni sia in termini economici che di immagine. Mi riferisco, ad esempio, al caso Costa Concordia o per esempio al caso British Petroleum. Sono tutte situazioni che destabilizzano la normale attività quotidiana di un'azienda, ponendola al centro dell'attenzione di tutti e soprattutto al giudizio spietato di tutti.
Come si gestiscono quindi situazioni di questo tipo? E quale è il ruolo della comunicazione in una situazione di questo genere?
Credo che un chiaro indirizzo lo dia questo articolo di Gian Paolo Gironda, Amministratore Delegato GPG Associati (www.irtop.com):

Tutte le volte che si parla di emergenza e di crisi il pensiero corre alle catastrofi aziendali -  relativamente alla sicurezza e all’incolumità delle persone, alla tutela degli attori dell’ambiente socio economico e alle implicazioni di natura ecologica ed ambientale - con titoli cubitali sulla stampa e telegiornali che presenziano all’evento.
La spettacolarità di queste crisi ha contribuito certamente a diffondere anche nell’uomo della strada la convinzione che una cattiva gestione dell’emergenza aumenti vistosamente l’entità oggettiva del danno che inevitabilmente ne deriva.

Gli esempi sono ormai moltissimi e arcinoti, dalla petroliera che riversa migliaia di tonnellate di greggio in mare, ai disastri causati da incidenti verificatisi in siti industriali, chimici e produttivi, alla contaminazione di bevande e prodotti alimentari, fino ai devastanti effetti sul valore delle società e dei risparmi dei piccoli azionisti causati dalle negligenze dell’operato di alcuni amministratori.
Non esiste un settore industriale e produttivo o del terziario che sia immune dal rischio e dall’emergenza. Questo vale anche per Banche, Società finanziarie, Imprese che operano nella finanza, nel risparmio, nelle assicurazioni.

L’analisi del rischio
Ma cos’è dunque questa crisi? Una situazione rappresenta una crisi organizzativa se presenta questi cinque attributi: